“Lo stile del vostro villaggio solidale è un messaggio per tutta la città”

Così l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, durante la sua visita di mercoledì 23 gennaio 2019 al Centro Ambrosiano di Solidarietà

È stata una visita molto desiderata quella che mons. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, ha fatto mercoledì 23 gennaio al Centro Ambrosiano di Solidarietà. Ad attenderlo nella sala dedicata all’amato ex presidente Beppe Massari, c’erano molti ospiti con gli operatori delle comunità di riferimento e dell’amministrazione, numerosi soci e volontari del CeAS. Tra loro, il volontario Giovanni Maggioni, vero fautore di questo incontro.
“Siamo onorati e contentissimi della sua visita”, ha esordito il presidente Giovanni Cavedon, che ha tirato le fila della serata.

Dopo un momento di preghiera, mons. Delpini ha voluto condividere alcuni pensieri con i presenti: “Quando una ha desiderio di una meta, trova le forze di camminare; il pellegrino che ha una meta più cammina e più si sente forte. Oggi sembra che la mentalità corrente abbia insinuato l’idea che non c’è un futuro desiderabile e ci scoraggia dall’avere una meta, dall’avere una speranza. Questa mi sembra la paralisi del nostro tempo. Quindi oggi vorrei incoraggiare tutti noi ad aprire il cuore alla speranza“, ha detto. E rivolgendosi in particolare agli ospiti ha voluto lasciare loro due messaggi: “L‘importanza della speranza e di provare l’esperienza del vigore che cresce durante il cammino, perché è vicino colui che ci ha promesso la gioia”.

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Attento ascoltatore della descrizione delle attività del CeAS da parte dei capi area, l’Arivescovo Delpini ha detto: “Vorrei che lo stile del vostro villaggio solidale fosse un messaggio per tutta la città, che possa così sviluppare quel buon vicinato che qui vivete, dove le persone che abitano le une accanto alle altre non si guardano con sospetto, ma con la promessa di un’alleanza”.

Anche alcuni ospiti hanno voluto portare il loro saluto e le loro riflessioni all’arcivescovo. Come Sebastiano, ospite di Villetta San Gregorio: “Vorrei ringraziarla di essere venuto al CeAS, dove io sono ospite da quasi due anni. Qui mi trovo bene, perché per la prima volta mi sento ascoltato nelle mie fragilità”.

Dagli ospiti di Alisei sono invece arrivati alcuni interrogativi: “Dove troveremo la comunità, una volta che saremo usciti da qui, per non cadere nella solitudine? hanno per esempio chiesto.

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“Questa è una domanda che torna in molte situazioni, penso per esempio al carcere. Quello che sto imparando della città è che è sorprendente quante opere buone, quante associazioni sono attive. Forse però questa comunità non è sempre riconoscibili o acccessibili o non c’è la fortuna di trovarle e magari uno si ritrova solo, con il rischio di ricadere in quelle fragilità da cui era uscito. Potrei dire, forse in modo un po’ ideale, che si risolve il proprio bisogno se si trova il modo di farsi carico del bisogno di qualcuno. Il primo modo di inserirsi in una comunità non è dire cosa fate voi per me, ma cosa posso fare io per voi. Il buon vicinato comincia con una intraprendenza. Forse non sarà un percorso risolutivo, ma credo che sia un percorso promettente, che può aprire delle porte e consentire una presenza da protagonisti e non solo da persone che hanno bisogno di assistenza”, ha risposto l’Arcivescovo.

“Cosa vuol dire credere in dio?”, ha chiesto invece un ospite della comunità, cui mons Delpini ha così replicato: “Il nostro modo di accedere a Dio è Gesù, che è un fatto storico. Perciò il modo più reale per accedere alla verità di Dio è l’incontro con Gesù. In Gesù conosco Dio e trovo in lui le risposte a tutte le domande”.

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