La Giornata mondiale di lotta alla droga ai tempi del Covid

Quest’anno la celebrazione della Giornata mondiale di lotta alla droga ci consente di puntare i riflettori sulle conseguenze che la pandemia legata al Covid-19 ha avuto rispetto all’abuso di sostanze e più in generale alle diverse forme di dipendenza comportamentale. Abbiamo cercato di capire come due differenti crisi di “salute pubblica” si sono scontrate, quali sono stati gli effetti nell’immediato e quali potranno essere le ulteriori conseguenze che possiamo prevedere per il futuro. 

Lo abbiamo fatto interpellando Corrado Celata Dirigente UOS Prevenzione specifica – UOC Promozione della Salute, ATS della Città Metropolitana di Milano.

COME HA INTERAGITO LA PANDEMIA CON IL MONDO DELLE DIPENDENZE?

Il mondo delle dipendenze ha subito un impatto importante rispetto all’avvento di questa pandemia virale. I suoi effetti sono stati da subito talmente imprevedibili da determinare un vero e proprio cambiamento epocale a cui non eravamo per niente preparati. Le misure di distanziamento sociale e i divieti adottati in via precauzionale per ridurre la trasmissione del virus all’interno della popolazione, sebbene necessari, hanno amplificato quelli che da sempre sono considerati tra i principali fattori di vulnerabilità individuale e sociale rispetto all’insorgere di comportamenti d’abuso di sostanze o di aggravamento di condizioni di dipendenza patologica”, esordisce Celata. 

In effetti quello a cui abbiamo assistito è stato un drastico, repentino e soprattutto obbligato abbandono delle routine di vita ordinarie delle persone, che ha richiesto pesanti “adattamenti” a tutti noi a livello sociale, familiare e addirittura organico, tanto che non sono mancate segnalazioni di vere e proprie alterazioni dei ritmi sonno-veglia. Durante il lockdown la propria casa o il luogo dove siamo stati ritirati – non dimentichiamo che molte persone svantaggiate e fragili si sono trovate “chiuse” in strutture assistenziali non progettate per lunghi periodi di degenza – ha rappresentato sia un luogo di “rifugio” sia un luogo di “prigionia”, favorendo forme di ritiro sociale con l’aumento di vissuti di precarietà e un disorientamento generale rispetto alle prospettive future.

Tutti noi abbiamo sperimentato sulla nostra pelle quanto e come le restrizioni indotte dalla diffusione del coronavirus abbiano comportato un progressivo innalzamento dei livelli di stress e di ansia rispetto alla propria condizione di vita inducendo le persone a sentirsi inadeguate, incapaci di far fronte ai cambiamenti in atto per la mancanza di un controllo su di essi. A tutto questo si aggiunge il fatto che l’allentamento dei legami sociali – che soprattutto nel caso delle persone più fragili e “meno attrezzate” anche dal punto di vista tecnologico, si è trasformato in isolamento vero e proprio – ha favorito una condizione di maggior solitudine personale, per l’indebolimento delle reti sociali, che ha costretto le persone ad una convivenza forzata all’interno dell’ambito familiare dove spesso si sono verificate forme di abuso e di violenza psicologica e fisica. Tutti fattori che in qualche modo predispongono a cercare forme di compensazione emotiva e psicologica, con potenziali implicazioni rispetto alla salute mentale delle persone. Dal punto di vista epidemiologico si è registrato ad esempio un forte incremento nel consumo e abuso di alcool”, aggiunge.

COME SONO CAMBIATE LE ABITUDINI DELLE PERSONE CON UNA TOSSICODIPENDENZA CONCLAMATA?

Spiega Celata: “Un primo dato da tenere in considerazione è il crollo del consumo ricreazionale, mentre non si registrano particolari sconvolgimenti nei percorsi dei tossicodipendenti in carico al sistema di intervento, fatta salva la diversa organizzazione dei Servizi territoriali che, a tutela della salute di operatori e pazienti, hanno modificato e ristretto di molto le possibilità di interazione diretta, privilegiando contatti a distanza. Di fatto è accaduto che i servizi, pur con molte difficoltà, siano riusciti a dare continuità ai percorsi di trattamento con le persone in carico, garantendo l’accesso ai farmaci sostitutivi e riconfigurando i percorsi terapeutici attraverso una diversificazione delle forme di sostegno tradizionali. D’altro canto, anche se non abbiamo possibilità di informazioni dirette e possiamo solo fare delle ipotesi, le organizzazioni dedite allo spaccio di sostanze hanno continuato sottotraccia le proprie attività illecite, di fatto garantendo che le situazioni collegate alla scarsa reperibilità delle droghe non degenerassero, diventando esplosive”.

Possiamo quindi affermare che l’emergenza Covid 19 non ha stravolto i percorsi dei tossicodipendenti in carico ma ha amplificato soprattutto forme di disagio tra quelle fasce di popolazione più a rischio di sviluppare una propensione verso la dipendenza?

Un esempio concreto è rappresentato dalla fascia dei minori e dei giovani che con la sospensione della scuola in presenza e l’avvento della didattica a distanza, con la mancanza di frequentazione di occasioni aggregative tra coetanei si sono trovati a fare i conti con un ritiro sociale forzato, costantemente in contatto con genitori e conviventi vari – fratelli, nonni, in tanti casi anche disabili – percepiti come ingombranti ed invadenti”, dice il dirigente di ATS.

Certamente gli adolescenti loro tra quelli che hanno pagato un prezzo particolarmente alto durante il lockdown, chiamati di colpo a riorganizzarsi per costruire una nuova quotidianità all’interno di una dimensione di tempo da riempire estremamente dilatata, dovendo fare i conti con tutte quelle tensioni emotive tipiche della crescita che risultano amplificate dall’isolamento forzato. La gestione della noia è diventata uno degli elementi chiave di questa nuova condizione, unita ad una sempre maggiore esposizione alle tecnologie digitali che rappresentano un modo per evadere, per esorcizzare la paura, di fatto allontanando forme di pensiero autoriflessivo e quindi risultando costantemente immersi in una realtà che straripa di stimoli fino a diventare eccessiva, invadente, incontrollabile.

QUALE LA SFIDA EDUCATIVA NEI CONFRONTI DI GIOVANI E ADOLESCENTI?

La sfida educativa che emerge prepotentemente è come sia possibile aiutare i ragazzi a bilanciare la vita reale e la vita virtuale per evitare lo scivolamento verso forme di dipendenza, stimolando un utilizzo consapevole e responsabile della rete per evitare che diventi un’abitudine pervasiva e compulsiva. Ma gli adulti sono pronti a raccogliere e rilanciare questa sfida? In che modo è possibile sostenere le figure genitoriali ed educative in gioco?

Risponde Celata: “Il più delle volte i genitori sono stati sottoposti ad elevati livelli di stress legati alle preoccupazioni per la salute loro e dei congiunti, e per il lavoro, alla difficoltà di gestione familiare e a quella di conciliazione fra smartworking e cura dei figli. Il loro malessere emotivo e psicologico ha spesso alimentato quello dei figli senza quei necessari spazi di decompressione e di pensiero che avrebbero permesso di accompagnarli in modo non invasivo nella gestione delle conseguenze dell’isolamento. Gli insegnanti stessi erano impreparati a gestire una didattica a distanza che riuscisse a conciliare gli obiettivi di apprendimento con quel necessario contatto emotivo verso i percorsi dei propri studenti e le difficoltà che stavano attraversando. Sono venuti meno ad esempio anche dei momenti rituali di chiusura dell’anno scolastico che hanno un valore sociale simbolico molto importante per i ragazzi”. 

IL RUOLO DELLA PREVENZIONE ALL’INTERNO DELL’EMERGENZA SANITARIA

Da un punto di vista operativo un primo dato significativo è stata la scelta di ATS Milano di considerare l’ambito della prevenzione e della promozione alla salute come attività indifferibile che non poteva essere interrotta. Questo è stato reso possibile soprattutto dalle opportunità offerte dallo smartworking che ha permesso di sperimentare forme di sostegno a distanza della cittadinanza e delle scuole. Un primo livello di intervento è stato quello nato dalla collaborazione tra Regione Lombardia con ATS Milano all’interno del sito promozionesalute.regione.lombardia.it che ha permesso di raccogliere e mettere in rete una serie di risorse affidabili reperibili nel web nella prospettiva di prendersi cura di sé durante l’emergenza senza cedere ad una visione “catastrofica” della realtà. Un altro piano di intervento realizzato è stato quello del sostegno alle scuole per adattare alcuni programmi di prevenzione rispetto ai vincoli di un’attività didattica a distanza utilizzando risorse certificate e validate, evitando l’utilizzo di piattaforme non protette. Un esempio molto concreto è rappresentato dall’area del sito scuolapromuovesalute.it dedicata alle buone pratiche in ambito scolastico per favorire il benessere degli studenti e delle loro famiglie durante l’emergenza Covid-19. Si è trattato inoltre di lavorare sulle reti tra operatori e insegnanti, favorendo il lavoro collegiale all’interno delle scuole e il mantenimento di un contatto con le famiglie che non fosse limitato agli obblighi formali esistenti ma garantisse uno spazio di attenzione rispetto alle difficoltà esistenti. Un ulteriore presidio molto significativo è rappresentato dai servizi di sostegno psicologico a distanza che alcune scuole hanno continuato a garantire e che, grazie a specifici protocolli, sono stati estesi anche a studenti di altri istituti che hanno potuto accedere ai percorsi di consulenza, supporto e orientamento gestiti dagli psicologi convenzionati”.

Continua Celata: “Più in generale si tratta ora di riappropriarci di un orizzonte culturale più ampio. In alcuni momenti della crisi hanno preso il sopravvento messaggi più legati al terrore del contagio e delle sue conseguenze e non rispetto all’importanza di incentivare il senso di autotutela e di cautela. Dobbiamo riprendere le fila di una strategia preventiva che non si limiti ad essere prescrittiva di divieti e restrizioni ma che stimoli consapevolezza, autoriflessione, un confronto tra adulti e tra generazioni, in grado di stimolare quelle capacità di resilienza che ci permettano di imparare a coabitare con il problema senza mettere a rischio il nostro benessere fisico e psicologico”.

COSA ASPETTARSI COME FENOMENI EMERGENTI LEGATI ALLE DIPENDENZE DOPO LA FASE EMERGENZIALE?

Tra gli scenari che possiamo ipotizzare potrebbe esserci quello di un aumento del gioco d’azzardo patologico che sembrerebbe aver subito durante il periodo di lockdown una forte remissione ma che potrebbe essere nuovamente alimentato dalle conseguenze di una recessione economica i cui effetti sono imprevedibili a partire dalla perdita di posti di lavoro. Le pressioni economiche di fatto incentivano la propensione al gioco. In questo momento è prematuro valutare se la crisi legata al Covid abbia abbattuto il mercato del gioco d’azzardo o se le conseguenze sociali collegate al Covid ed alle difficoltà della fase di ripresa aumenteranno”

***

In prospettiva si tratta di recuperare un senso di responsabilità sociale “diffusa” verso tutte quelle forme di fragilità che inevitabilmente emergeranno come strascichi del periodo di lockdown. 

È difficile riuscire a prevedere cosa ci aspetta nell’immediato futuro, ma certamente sarà necessario incentivare tutte quelle forme di ascolto e sostegno che a vario livello possono essere in grado di intercettare e dar voce alle nuove manifestazioni di disagio, sapendo che i traumi fino ad ora subiti non hanno ancora trovato adeguati percorsi di rielaborazione e che solo adeguati momenti di decompressione e di pensiero potranno permetterci di riprendere i nostri percorsi di vita e di iniziare a reincontrarci.

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