Vivere in autonomia: le voci dei ragazzi di work in progress

Abbiamo intervistato alcuni protagonisti del progetto dedicato ai minori stranieri non accompagnati, che sono usciti dalla comunità e ora sperimentano la vita in autonomia

Tra gli assi fondamentali di Work in Progress c’è quello relativo alla casa. Su questo tema, il progetto ha operato su due strade: una di advocacy, che ha visto la partecipazione degli operatori ai tavoli comunali sull’abitare, per far conoscere la realtà dei minori stranieri non accompagnati. Una strada che ha portato alla stipula di un patto con la cooperativa Dar=casa, per l’assegnazione ai ragazzi di WiP di tre appartamenti all’interno di un progetto di abitare collaborativo in via Carbonia a Milano.

L’altra strada è stata più “pratica” e ha coinvolto direttamente i giovani, che hanno partecipato a incontri di formazione con esperti del settore immobiliare – con i quali hanno parlato di contratti d’affitto, documenti e spese, forme regolari di condivisione abitativa regolari… – e che sono stati seguiti con attività di tutoring individuale per la ricerca dell’alloggio.

Abbiamo incontrato alcuni di questi ragazzi, per sapere come sta andando il primo passo verso l’autonomia abitativa, realizzato grazie a Work in Progress.

Il primo gruppo lo incontriamo in via Carbonia, all’interno del progetto di abitare collaborativo realizzato con Dar=casa.

Il condominio di via Carbonia

Tra i residenti di questo speciale condominio c’è Youssouf, 20 anni, arrivato dalla Guinea 6 anni fa.

«Vivere da soli non è come essere in comunità, perché qui devi fare tutto tu, pagare l’affitto, gestire le spese e con tutte quelle che ci sono oltre alla casa non è facile. Per fortuna a volte viene Francesca (Barbesino, operatrice dell’équipe Casa di Work in Progress, ndr) a darci una mano».

Il suo coinquilino lo conosceva già da un po’, perché avevano vissuto nella stessa comunità e vanno d’accordo.

Se gli chiediamo che cos’è per lui la casa, risponde: «la casa è un posto dove stare bene e dove mettere a proprio agio chi viene a trovarmi». Se infatti volessimo andare da lui a cena, ci cucinerebbe la pasta, o il piatto che a noi piace di più, mentre la pietanza che gli ricorda casa è il riso con maffé, un piatto tradizionale della sua terra.

Una volta finito il percorso in questa casa, Youssouf ha le idee abbastanza chiare sul da farsi: “Vorrei trovare un appartamento in condivisione con altre 2 o 3 persone, ma dove ognuno abbia la sua stanza, così siamo più tranquilli. Ne sto già parlando con alcuni miei amici».

E super amici sono anche Abou e Kendrik, ghanesi di 20 e 22 anni, che dopo aver vissuto nella stessa comunità, condividono anche questa esperienza di vita in autonomia. «Anche in comunità eravamo abbastanza autonomi, quindi per noi non è cambiato tanto», spiegano.

Come si viene sollecitati a fare dal progetto di abitare collaborativo di via Carbonia, Abou e Kendrik qualche volta incontrano anche gli altri ragazzi e ragazze che vivono nel condominio. Con alcuni vicini sono diventati amici e spesso mangiano insieme. 

Cucinare gli piace e quando non lavorano lo fanno sempre insieme. Piatti prediletti e che sanno di casa sono il riso, le zuppe e, dice Abou che lavora in pescheria, il pesce: «Guardo le ricette online e se c’è qualcosa che mi piace lo sperimento».

Abou nell’appartamento di via Carbonia che condivide con Kendrik

Se in cucina hanno gli stessi gusti, non è la stessa cosa per la musica: Abou, infatti, è appassionato di dancehall e raggae giamaicano (il suo mito è Bob Marley), mentre Kendrik preferisce l’hip hop. Ma a parte questo, vanno d’amore e d’accordo e anche in futuro gli piacerebbe continuare a vivere insieme, magari in un appartamento che abbia camere separate.

Cosa non mancherà in ogni loro casa, presente e futura? La Playstation!

E la Play, insieme a una comoda poltrona da piazzarci davanti, non può mancare nemmeno nella casa ideale di Arlind, albanese, che da gennaio convive in via Carbonia con un ragazzo egiziano.

Non si conoscevano prima e non sono diventati amici, ma la convivenza procede senza particolari problemi.

A differenza dei due giovani ghanesi, ad Arlind non piace cucinare e preferisce prendere qualcosa di già pronto. Ma se ci presentassimo a casa sua per cena ci cucinerebbe la carne, visto che di lavoro fa il macellaio.

Una parola che associa alla casa? “Dormire”, soprattutto in inverno. Mentre in estate, racconta, in casa ci sta poco.

Un’esperienza di condivisione, la stanno vivendo anche Sindrit, Elion e Gerald, tre ex ospiti di “Radici”, la comunità per minori stranieri non accompagnati del CeAS, che da due mesi condividono un appartamento in affitto in zona Molise-Calvairate.

L’ingresso del caseggiato dove vivono Sindrit, Elion e Gerald

Gerald è tornato per qualche tempo in Albania e quindi incontriamo solo Sindrit ed Elion, 19 e 21 anni, anche loro albanesi.

I due, che si conoscono da 4 anni e sono abituati a vivere insieme, hanno partecipato a diverse attività di Work in Progress, tra cui il corso sulla casa: «Abbiamo imparato come cercare una casa in affitto, chi contattare e come trovare di preciso quello che vogliamo, e cosa dobbiamo pagare se rompiamo qualcosa», racconta Sindrit.

Vivere fuori dalla comunità significa per loro libertà, ma anche responsabilità, come gestire il pagamento dell’affitto e delle bollette: «Non discutiamo, quando ci sono le spese le dividiamo e basta», dice Elion.

«Per noi è molto importante che facciano questa esperienza dopo la comunità, perché così acquisiscono la capacità di condividere un appartamento serenamente e, soprattutto, legalmente. Quello che vogliamo che capiscano è che quando decidono di andare a vivere con qualcuno, è meglio farlo con persone di cui ci si fida e in un contesto regolare. E la condivisione aiuta anche a mettere qualche soldo da parte per il futuro», spiega Agostino Messina, operatore del CeAS e anche lui parte dell’équipe Casa di Work in Progress.

Anche per Elion e Sindrit in casa non possono mancare TV e Playstation e se fossimo loro ospiti a cena, ci preparerebbero fagioli con cipolla e pomodori, piatto tipico delle case albanesi.

Al futuro adesso non ci pensano troppo, ma Elion qualche idea già ce l’ha: “Con gli amici puoi stare fino a 23/24 anni. Poi devi prenderti una casa tua. A me piacerebbe comprarla, ma non a Milano; andrei fuori città, dove le case costano meno».